lunedì 6 gennaio 2014

ANSA LIBRI: l'anima di Cuba in 'La nascita del Che' di Barilli(Notiziario Libri) 20 DIC – DAVIDE BARILLI, 'LA NASCITA DEL CHE' (ARAGNO EDITORE, PP. 220, EURO 13,00). Orde di turisti sbarcano ogni anno a Cuba: la maggior parte di loro non si muove dalle spiagge di Varadero o Cayo Largo, soggiorna negli alberghi a cinque stelle e si sposta con pulmini privati nella capitale per il tour classico dei vacanzieri. In altre parole, non vedranno mai la vera anima della perla del Caribe, quella che viene raccontata in 'La nascita del Chè di Davide Barilli, in uscita a gennaio. Barilli, redattore della Gazzetta di Parma, autore di romanzi e racconti pubblicati, fra gli altri, da Guanda e Mursia (fra i suoi titoli, Musica per lo zar, La casa sul torrente, Le cere di Baracoa), profondo conoscitore dell’isola, descrive la Cuba che non ti aspetti. Senza spiagge dorate e discoteche. Ma anche spogliata della retorica che bene o male la maltratta e la snatura, agli occhi dell’opinione pubblica internazionale, da mezzo secolo a questa parte. È un tropico crepuscolare, quello che Barilli rimescola nel suo nuovo libro, cinque racconti per descrivere i sussurri di un notturno decadente in cui s'aggirano lenti i passi del flaneur. «Momenti, istanti, improvvisi - scrive Giovanni Tesio nella prefazione – dove la parola cattura l'immagine con leggerezza a volte dolente a volte ridente, aprendosi ad assaggi e incroci che rendono più mobile la percezione delle cose, che ci parlano di un’altra Cuba, di una Cuba rinserrata in un gesto, in un volto, in uno scorcio, in un oggetto (La nascita del Che), o anche in un incubo (le atmosfere claustrofobiche de Il maggiordomo di Caruso) e per virtù di scrittura rivelata ai sensi di chi sa strappare le maschere al suo segreto». Una Cuba in chiaroscuro, piovosa, rabbiosa, "'isola labirintica e meravigliosamente in bilico tra disperazione e allegria". Con l’autore entriamo nelle bettole di calle Blanco e Trocadero, nel Santuario di San Lazaro, meta della santeria, nei palazzi nobiliari sul malecon, nei quartieri periferici di Alamar e Parraga. È una Cuba letteraria e reale al medesimo tempo, quella di Barilli; nell’intreccio – torbido, amaro, ma anche divertente – di lotterie illegali, amori lontani nel tempo e personaggi anomali, venditori di libri antichi, santoni, cantanti lirici in tournèe. Ne nascono storie giocate sul destino e sulle sue contraddizioni; in un intrigo di solitudini, illusioni e memorie perdute.

giovedì 23 maggio 2013

Il gallo in bicicletta è sbarcato a Cuba Anzichè in Italia, ha scelto di presentare - in anteprima - il suo nuovo libro (subito definito nell'isola «bolsilibro», libro da tasca) a Cuba, non a caso teatro delle sue ultime storie. Dalla prestigiosa Uneac (sede dell'Unione scrittori e artisti cubani) alla Fondazione Nicolas Guillen, dalla Biblioteca Villena, la più antica dell'Avana a un appuntamento en plain air nello storico Paseo del Prado. E' stato un vero e proprio tour letterario quello che ha visto impegnato lo scrittore parmigiano Davide Barilli, redattore della Gazzetta di Parma, con il suo libro in uscita «Il gallo in bicicletta» (Fedelo's) - l'edizione per l'Italia sarà in libreria nelle prossime settimane - terzo volume «cubano» della collana Riflessi. Dopo «Le cere di Baracoa» (uscito con Mursia), «Carte d'Avana» e «La ragazza di Alamar», Barilli ci riporta nelle assolate atmosfere caraibiche con un ulteriore capitolo della sua «altra Cuba», letteraria e reale al medesimo tempo. Stavolta è nell'intreccio – torbido, amaro, ma anche divertente - di lotterie illegali, amori lontani nel tempo e anomale presenze animali, che si sviluppa il nuovo racconto dello scrittore, edito in edizione bilingue, italiana e spagnola (traduzione di Angel Carballo Camino e Celia Iglesias Ledesma). Protagonisti di una storia in cui l’arte di arrangiarsi li porterà a condividere surreali peripezie, sono un marinaio in pensione con la passione delle scommesse clandestine e il suo gallo. Ne nasce una storia giocata sul destino e sulle sue contraddizioni; in un intrigo di solitudini, illusioni e memorie perdute. Il libro è illustrato dalle xilografie in bianco e nero incise su linoleum e impresse su carta riciclata, realizzata con vecchi elenchi telefonici cubani, del pittore e incisore cubano Ramon Perez Pereira, allievo di insigni cattedratici come Cecilio Aviles, Osvaldo Llins e Omar Morales. Gli autori sono stati protagonisti di un incontro in cui si è discusso di scrittura e di tecnica del grabado (l'illustrazione impressa su materia, come la xilografia) organizzato al Paseo del Prado dal progetto culturale habanero Imagines 3. Il libro è stato presentato dal narratore José Ramon Bianco, mente il dibattito che ne è seguito è stato moderato da José Luis Yuque. Pochi giorni dopo si è tenuta la lettura pubblica della versione spagnola del libro «Il gallo in bicicletta» al Laboratorio letterario della Fondazione Nicolas Guillen. Successivamente, nella sala conferenze della biblioteca Ruben Martinez Villena, in plaza de Armas, Barilli è stato ospite della rassegna «Incontro con l'autore»: oltre al narratore e all'illustratore, sono intervenuti Angel Carballo Camino e il critico letterario, saggista e poeta Alfredo Nicolas Lorenzo. All'incontro erano presenti la poetessa cubana Soleida Rìos e per l'ambasciata italiana il consigliere Pietro De Martin e l'addetta culturale Emanuela Fusaro. Infine, alla Uneac dopo la presentazione del volume, Dalia Garcia ha letto il libro in edizione spagnola nello spazio letterario dello scrittore cubano Alberto Guerra Naranjo, davanti a un pubblico formato da scrittori e poeti.r.c. GAZZETTA DI PARMA (2 aprile 2013)

lunedì 6 maggio 2013

Il gallo che si credeva Bartali Cuba vista da Barilli Alejandro Herrera conosce i posti migliori. E sale ogni giorno sulla guagua, il torpedone superaffollato della Cuba castrista, per raggiungere il quartiere ricco, dove i cassonetti riservano gradite sorprese: indumenti, oggetti inutili per i turisti, ma preziosi per un clochard, a volte libri… Sarà un piccolo volume rovinato, nascosto dalla spazzatura, a cambiare la sua vita. Si tratta delle “Finzioni” di Borges. Il libro si disintegra al tatto, le pagine sono sabbia tra le mani, ma frammenti di un racconto, “la Biblioteca di Babilonia” restano impressi nella memoria, suggeriscono “un’idea”: cambiare le regole della bolita, la lotteria clandestina alla quale lui e migliaia di altri diseredati dilapidano anche la più piccola risorsa. Intendiamoci, Alejandro non è disperato. Non ancora. E’ un vecchio marinaio che ha girato il mondo e mentre, in preda allo stordimento dell’alcol, sogna Livorno, Oslo, Marsiglia, Dakar, una donna amata tanti anni fa in Italia, non smette d’essere orgoglioso della revolucion. Perché lui incarna le contraddizioni di un’isola stracciona e naturalmente felice: il suo potrebbe definirsi un “fallimento di successo”. Così Davide Barilli, giornalista culturale de La Gazzetta di Parma, nel volume Il gallo in bicicletta (Fedelo’s Editrice, traduzione in spagnolo di Celia Iglesias Ledesma e in “cubano” di Angel Carballo Camino, illustrato da Ramòn Perez Pereira, pagine 82, € 10,50). Da molti anni l’autore è un innamorato di Cuba molto esigente. Che non si limita ad indossare acriticamente la maglietta del Che ma, dell’isola caraibica, descrive miserie e splendori, sfiorando a volte, come può accadere agli innamorati in stato di grazia, la poesia. Capita in questo smilzo libretto, dove si sorride pure, ai goffi tentativi di un gallo, di andare in bicicletta. Felice Modica Versione originale della recensione uscita con il titolo ''Sovvertire le regole di una Cuba disperata con un libro di Borges'' su LIBERO(26 aprile 2013)

sabato 5 gennaio 2013

Il sillabario cubano di Barilli (da EUROPA)

13 OTTOBRE 2012 La Cuba di Davide Barilli è la Cuba che tutti noi, da qui, vorremmo cercare di capire seriamente. È una Cuba che non perde un briciolo della magia e dei colori in cui siamo abituati a immaginarla immersa, ma spogliata in tutto e per tutto della retorica che bene o male la maltratta e la snatura, agli occhi dell’opinione pubblica internazionale, da mezzo secolo a questa parte. Castrismo, anticastrismo, Revolución, Yoani Sánchez: non aspettatevi niente di tutto ciò. L’ultimo capitolo della storia d’amore tra lo scrittore parmigiano e l’isola caraibica ha le sembianze di un libello insolito, scritto in italiano e in castigliano, e dipinto. Si intitola La ragazza di Alamar (82 pp., 11.50 euro), e fa seguito agli altri due pubblicati da Barilli nella collana Riflessi della casa editrice Fedelo’s, Lo specchio silenzioso e Carte d’Avana. Si tratta di un racconto, né più né meno, un breve racconto in cui un uomo si innamora di una donna, o di ciò che quella donna sembra rappresentare. Allo stesso tempo, però, ci troviamo di fronte a una sorta di sillabario cubano in cui ogni snodo narrativo fa da pretesto cartografico per tracciare un pezzo di identità del paese e del suo popolo. Almendrón, Barbacoa, Cambolero, Fumigador, Herbiero: parole, significati, elementi del racconto, ognuno arricchito da un disegno opera di un altro Barilli, Francesco, regista e attore e sceneggiatore, che dell’autore del libro è il cugino. E la scrittura è melodiosa, esatta, sfrutta il privilegio della brevità per non spaventarsi di fronte alla ricchezza, e lo sfrutta al meglio. Venerdì prossimo Barilli lo presenterà a L’Avana, questo piccolo libro, alla XII Settimana della lingua italiana nel mondo, manifestazione promossa dal ministero degli esteri insieme all’Accademia della Crusca e alla Società Dante Alighieri. I cubani, naturalmente, non potranno comprarselo, ma La ragazza di Alamar finirà in tutta una serie di biblioteche e università della capitale. Ragazze e ragazzi se lo rigireranno tra le mani, pare di poterli quasi vedere, come fosse uno specchio, uno specchietto d’alto artigianato, in cui cercare la propria immagine riflessa. Un’immagine che tornerebbe molto utile conoscere anche a coloro, tra di noi, che si lasciano convincere poco dalle versioni ufficiali, che passino attraverso la stampa di regime o schiere di cibernauti, anche qualificati, propensi a facili entusiasmi e ancor più facili indignazioni. GIOVANNI DOZZINI

Al ritorno dall'ultimo viaggio nella Capital (ottobre 2012)

Carte d'Avana (recensione da IL GIORNALE)

La Cuba (senza rum e sigari) di Davide Barilli Nel suo ultimo libro, «Carte d'Avana», il Paese di Castro descritto fuori da ogni luogo comune Nino Materi - Mer, 09/06/2010 - 17:32 commentaUn libro che riscalda l'anima come un bicchiere di rum Arecha, pagine che si arrotolano al cuore come lo sbuffo di un sigaro Cohiba. L'inizio di questa recensione non piacerà sicuramente a Davide Barilli, scrittore e giornalista culturale della Gazzetta di Parma. Barilli - affetto da «cubanite» acuta - ama infatti profondamente Cuba, ma del Paese di Castro ama soprattutto la voglia (concreta o presunta?) di sfuggire ai luoghi comuni. Barilli detesta la vulgata a base di stereotipi pro o contro Cuba. Lui vagheggia una Cuba da amare o detestare per ciò che Cuba è veramente, non per come viene fuori dalla slot machine dei tour operator o dal dispencer automatico delle opposte ideologie. Ma Barilli dimentica forse che oggi la «fortuna» di Cuba è incarnata proprio da proprio da questa icona incartapecorita, ma che sul mercato del vintage politico continua tirare come non mai. Se questo manifesto strappato venisse meno, Cuba diverrebbe una spiaggia come tante altre. E addio fascino. Addio tutto. In cuor suo Barilli queste cose le sa bene, per questo forse è sempre alla ricerca di storie sì cubane, ma sempre «alternative» ai santini dell'oleografia castrista. La riprova viene dal suo ultimo distillato di sentimento made in Cuba, un libro tanto piccolo quanto prezioso: «Carte d'Avana» (Fedelo's editore). Nel forum su Cuba del sito www.barriodecuba.it si legge una recensione bellissima. «Orde di turisti sbarcano ogni anno a Cuba: la maggior parte di loro non si muove dalle spiagge di Varadero o Cayo Largo, soggiorna negli alberghi a cinque stelle e si sposta con pulmini privati nella capitale per il tour classico dei vacanzieri. In altre parole, non vedranno mai la vera anima della perla del Caribe, quella che viene raccontata in "Carte d'Avana"». E poi: «Sorprendente, immobile, contraddittoria, magica, disperata, L'Avana che ci racconta Barilli è un concentrato di scoperte e inganni che non può lasciare indifferente chi la visita senza pregiudizi. Tra poco, a causa dell'operazione di restauro in corso sul Malecon, sarà cancellata per sempre dalle antiche case che si affacciano sull'oceano quell'immagine di decadenza, screpolata e fascinosa, che caratterizzava il leggendario lungomare havanero». E infine: «Sfuggendo dalla facile trappola della denuncia esibita, Barilli racconta senza enfasi e retorica l'altra faccia di una delle città più affascinanti del mondo, dove tutto è eventuale e possibile». Più eventuale che possibile.

Recensioni di ''Carte d'Avana'' e ''La ragazza di Alamar''